Nel precedente articolo abbiamo presentato alcuni dati statistici che evidenziano l’incremento sostanziale di vendite delle scarpe massimaliste, in particolare delle Hoka One One, e della netta riduzione, o scomparsa quasi totale, delle scarpe minimaliste dal mercato americano. Andiamo ad esplorare in maniera più approfondita quali sono le caratteristiche delle scarpe da corsa che sono ai primi posti delle vendite, in particolare delle Hoka One One, presenti addirittura in 8 modelli tra le prime 20 vendute.

Le scarpe massimaliste hanno un’intersuola particolarmente spessa a livello di avampiede e retropiede, che garantisce un effetto di ammortizzazione e di confort molto elevato, ma allo stesso tempo mantenendo delle caratteristiche di leggerezza e reattività sorprendenti.

È importante sottolineare inoltre che tale tendenza non avrebbe potuto svilupparsi se, a fronte di un importante incremento di spessore dell’intersuola (33mm nelle Hoka One One Bondi), non ci fosse stato uno sviluppo dei materiali tale da poter mantenere queste scarpe ‘spaziali’ entro dei contenuti limiti di peso: siamo ben al di sotto dei 300gr, per scarpe che garantiscono livelli di reattività insperati fino a qualche anno fa. L’idea di uno svantaggio metabolico dettato da un peso eccessivo è superata, quindi, da un’intersuola ricca, ma al contempo particolarmente leggera, che garantisce un’ammortizzazione efficace, e una transizione dal retropiede all’avampiede (il Ride) estremamente naturale.

Per quanto mi riguarda, come ho visto il minimalismo con curiosità prima e scetticismo dopo, ho testimoniato allo stesso modo il massimalismo, ma con una soddisfazione crescente, dettata dalla consapevolezza che se la via dell’estremizzazione doveva essere presa, quella era la direzione giusta, soprattutto per le lunghe distanze. Non facciamo fatica a ritenere le scarpe ultracushioning una scarpa nella maggior parte dei casi avvertita come estremamente comoda e stabile, a prescindere dal tipo di superficie sulla quale si corre. È una scarpa che richiede una necessità di attivazione muscolare ridotta, per effetto di una fantastica ammortizzazione, e una minor attività degli shock absorbers tradizionali, vedi ginocchio e caviglia.

Gli ipopronatori (v. articolo) e tutti i runners con ridotta capacità di ammortizzazione, o persone con lombalgie di vario tipo, che cercano atteggiamenti di ammortizzazione compensativi, troveranno in questa scarpa la loro calzatura ideale, sviluppando una riduzione d’impatto in fase di contatto iniziale nello strumento scarpa, dove non riescono a svilupparlo a livello podalico o sovrasegmentario. Per una volta il tipo di appoggio, se avampodalico o retropodalico lasciamolo da parte e consideriamo altri aspetti.

Ma si tratta di una controtendenza totale?

Alcune considerazioni devono però essere fatte, perché se è evidente che il Massimalismo è assolutamente una controtendenza, o se vogliamo una tendenza ‘contro’ il Minimalismo, aborrendo la corsa simil barefoot running, e inserendo invece intersuole da scarpa spaziale sotto i nostri piedi, la nuova tendenza si è fatta carico di rappresentare una serie di caratteristiche che sono sicuramente eredità del minimalismo, o che ad esse possono essere ricondotte, e delle quali bisogna tener di conto, nel bene e nel male.

Quali sono le caratteristiche ereditate dal minimalismo? La cosa che ci pare più evidente è che, nonostante siamo veramente dalla parte opposta in termine di concezione della corsa, con ammortizzazione, effetti propriocettivi, impatto, sensibilità, attivazione muscolare, ecc., l’offset (o drop, è la differenza di spessore tra avampiede e retropiede) delle scarpe da massimalismo, e comunque delle scarpe più vendute attualmente, resta piuttosto basso.

Queste scarpe sembrano avere ereditato dal minimalismo la necessità di rompere con la tradizione passata di un offset di protezione sopra gli 8mm, infatti le Hoka One One e se vogliamo a maggior ragione le Altra, hanno un offset che si pone al di sotto degli 8mm, e in media sui 5mm, o addirittura drop zero.

L’idea abbastanza contrastante è che una scarpa protettiva, che promette un extracushioning, si possa permettere offset particolarmente ridotti, simulando un effetto di natural ride, che è stato a lungo il manifesto del minimalismo. Vediamo allora le caratteristiche delle scarpe che sono presenti nella classifica delle più vendute attualmente:

  • HOKA ONE ONE Clifton  Offset: 5 mm Forefoot: 24 mm Heel: 29 mm 265gr
  • HOKA ONE ONE Hupana Offset: 5 mm Forefoot: 20 mm Heel: 25 mm 232gr
  • HOKA ONE ONE Clayton Offset: 4 mm Forefoot: 20 mm Heel: 24 mm 235gr
  • HOKA ONE ONE Bondi    Offset: 4 mm Forefoot: 29 mm Heel: 33 mm 284gr
  • ALTRA Escalante               Offset 2,3mm Forefoot: 22.7mm Heel: 25mm 179gr
  • SAUCONY Kinvara              Offset:4mmForefoot:19mmHeel:23mm224 gr
  • ALTRA One                        Offset: 0mm Forefoot: 20mm Heel: 20mm 187gr
  • ADIDAS ULTRABOOST    Offset:12mm Forefoot: 22mm Heel:34mm 304gr
  • NIKE ZOOM STREAK 6    Offset:8mm Forefoot: 10mm Heel 18mm 192 gr

Quasi tutte le massimaliste presentano un’altezza dell’intersuola (heel e forefoot) piuttosto elevata, diciamo dai 25mm in su, ma a parte le Adidas Ultraboost che hanno un drop (offset) di 12mm, le altre in realtà hanno dei drop più ridotti, che vanno da 0 a 8mm. Ho aggiunto anche le caratteristiche di scarpe come le Zoom, le Altra e le Saucony per fornire dei modelli comparativi delle altre scarpe di maggior successo presenti nella tabella, e dimostrare come anche queste non siano affatto minimalist, presentando invece un’altezza sul retropiede di quasi 2cm come minimo…

Per quanto riguarda l’offset ridotto, ne abbiamo già evidenziato le problematiche nei miei articoli precedenti… per esperienza vedo costantemente soggetti non ancora pronti a un passaggio a drop ridotti che incorrono in tendinopatie per un incremento di sovraccarico a livello tibio-tarsico, ma anche podalico. Lo ripeto ancora una volta: il passaggio a drop ridotti, non necessariamente su scarpe minimaliste, e non necessariamente legato al tipo di appoggio, deve avvenire in maniera progressiva e guidata, con esercizi di riequilibrio funzionale e muscolare, e nel giusto dosaggio dei carichi di lavoro.

La particolare forma dell’intersuola rocker a dondolo, che nelle fasi di appoggio intermedio e propulsione determinano un aumento ‘funzionale’ sul piano sagittale degli offset, quindi una ridotta richiesta in dorsiflessione della tibio-tarsica indipendentemente dagli offset ridotti. Per questo motivo, anche la relativa rigidità dell’intersuola a livello metatarsale di alcune ultracushioning non è avvertita dal runner, che grazie al dondolo dell’intersuola, è cullato nella transizione più naturale dal retropiede all’avampiede, e anzi si avvantaggia di questa forma a dondolo, soprattutto se affetto da metatarsalgie, sesamoiditi, alluci rigidi funzionali o strutturati, tensioni sulla fascia, ecc.

La tendenza va verso la riduzione del drop?

Se è vero che molte scarpe, anche tra le massimaliste, hanno ridotto il drop, altre, e particolarmente evoluzionarie, le scarpe di nuova concezione Nike Zoom Vaporfly Elite, il drop lo hanno mantenuto a 10mm secchi!! Stiamo parlando di una scarpa che ormai conosciamo bene (v.articolo), in quanto è stata utilizzata per il tentativo del Breaking2h sulla maratona: la Vaporfly è una scarpa con 31mm heel e 21mm di forefoot e 190gr di peso.

Le prime riflessioni ci spingono necessariamente a considerare queste scarpe massimaliste non più scarpe da lenti runners da lungo o neofiti, ma anche scarpe che, per caratteristiche dei materiali, leggerezza e reattività, si possono prestare anche ai livelli più performanti del circolo podistico: il tentativo di un record del mondo per esempio! E con drop di 10mm. Una scarpa massimalista ha comunque tutto il volume per presentare sul mercato drop di varie altezze, senza alterarne la caratteristica fondamentale di massima ammortizzazione. Si può comunque presumere che sulla scia della Nike Vaporfly la tendenza cambi nuovamente, invertendo nuovamente l’offerta dei grandi produttori sul drop e riducendo ulteriormente la leggerezza dei materiali.

Leggere si, ma quanto?

Veniamo al dunque, la scarpa presenta delle caratteristiche che sono auspicabili, particolarmente apprezzate dal sottoscritto, soprattutto sulle lunghe distanze ma anche sui lavori di scarico, mantenendo un’idea di confort costante, una magia di comodità e reattività inimmaginabili al primo sguardo. Grazie all’ultrammortizzamento possono promettere recuperi più veloci, e sono leggere, almeno quanto la maggior parte delle A3 in commercio.

Prendendole in mano sono sorprendentemente più leggere di quanto ci aspetteremmo, ma non così leggere quanto una scarpa minimal.

Dal punto di vista metabolico il peso deve essere considerato come elemento di primaria importanza, e questo è ampiamente acquisito, ma l’aspetto emerso negli ultimi studi riguarda la percezione del tutto soggettiva di confort. Il Confort, infatti, determinerebbe una riduzione della spesa metabolica nella scarpa ritenuta più comoda, ed un aumento della spesa metabolica nella scarpa percepita come scomoda: le minimaliste non sono generalmente percepite come pantofole… In ogni caso la leggerezza non può superare, per importanza, il rischio di una frattura da stress!!

Ma è proprio sull’uso dei materiali e sulla loro comprimibilità che si devono illuminare alcuni aspetti che riguardano il controllo nelle intersuole di questo tipo, ma anche l’usura delle stesse. Oltre all’evidente riduzione della sensibilità recettoriale podalica e della propriocettività, vedi in particolare nell’utilizzo in trail nei percorsi più tecnici, le ultracushioning hanno una comprimibilità che in soggetti pesanti, e con scarsa biomeccanica, può creare dei problemi al momento in cui perdono la loro forma originaria. L’usura può alterare precocemente la forma dell’intersuola, modificandola in tempi ridotti e determinando delle alterazioni forzate della biomeccanica fisiologica. Quindi, l’intersuola si modifica per effetto di forze non contrastate efficacemente da un materiale spesso e leggero, cioè particolarmente espanso, e la biomeccanica del runner sarà, al momento dell’usura, decisa da una forma modificata della calzatura, amplificandone i difetti e determinando dei veri e propri binari di sviluppo dei picchi pressori. È necessario, quindi, un controllo frequente dell’usura della calzatura e della corsa del soggetto nella stessa.

I miei dubbi riguardano necessariamente la durata di questa mirabilante intersuola, che fino a che mantiene le sue caratteristiche orginarie ha importanti doti di confort, support e stabilità e un’ammortizzazione straordinaria che compensano ampiamente un’eventuale riduzione del chilometraggio.

Conclusioni

Ancora una volta, ‘no matter what they want us to believe’, la nostra scelta si baserà in maniera completamente soggettiva sulla nostra soddisfazione. Personalmente ritengo che la scarpa ultracushioning sia un’ottima alternativa alla classica calzatura da corsa che magari utilizziamo da anni, ma può essere senza problemi anche la nostra prima scelta come scarpa da allenamento, e per molti anche da gara. Una scarpa a massimo ammortizzamento non implica la necessità di avere, o dover apprendere, un particolare tipo di appoggio podalico come nel caso delle minimaliste (v.forefoot strike nelle minimaliste), i suoi vantaggi si avvertono immediatamente e senza alcun rischio.

Ritengo che l’utilizzo di più tipi di scarpe da corsa di vario tipo, nonostante l’elevata versatilità delle scarpe ultrammortizzate, sia la chiave di una sana attività. L’uso di più scarpe incrementa la capacità di distribuzione dei picchi pressori e la varietà della biomeccanica che sviluppiamo, che dipende da una serie di fattori individuali, non ultimo la capacità di adattamento alla nostra interfaccia con la superficie: la scarpa. Sarebbe quindi auspicabile per ogni runner, avere più di una scarpa da corsa, da utilizzare per vari allenamenti, distanze e superfici, per mantenere dei carichi più vari possibile e un sicuro miglioramento prestativo.

Buona corsa a tutti!!